Poietes

Poietes

a cura di Gesualdi | Trono

“Dar da leggere all’altro significa anche lasciar desiderare, o lasciare all’altro il posto di un intervento con il quale potrà scrivere la sua interpretazione: l’altro dovrà poter firmare nel mio testo. Ed è qui che il desiderio di non essere compresi significa semplicemente ospitalità alla lettura dell’altro”

Derrida, Il gusto del segreto, 1997

La lettura comunitaria ad alta voce può dare luogo ad uno spazio di “ri-conoscenza” – intesa come gratitudine, reciprocità, rivelazione, sapere, promessa, incontro, risonanza, comprensione. La pagina del libro si fa casa comune. Le parole ci confortano e allo stesso tempo ci sollecitano domande nuove. Nell’ascolto reciproco si rinnova quel patto poetico che ci chiama tutti alla responsabilità dello sguardo.

A partire dall’analisi del meccanismo di evocazione e apparizione affidato alla parola, che è alla base dell’opera Chorea Vacui e di molte altre opere di Teatringestazione, condividiamo un percorso di creazione, che decontestualizzato dalla sua funzione produttiva, dà luogo ad un incontro inedito, volto a fare della vista una esperienza collettiva. Ci affideremo alla pratica della lettura partecipata, per poi muoverci dal testo allo spazio che ci circonda, dove la parola si fa geometria e la visione si manifesta. Ci eserciteremo alla descrizione del visibile e dell’invisibile. Scopriremo che vedere è scrivere, nominare è creare.

Chiamiamo a raccolta i partecipanti per compiere un gesto atletico collettivo, lanciati a capofitto tra le righe, nello slancio aerobico della voce, portati dal flusso del discorso, rincorrendo le parole; pronti a cambiare andatura, articolando la lunghezza dei passi nella cadenza dei capoversi. E in un ultimo scatto, passare ad altra bocca la testimonianza delle immagini evocate, di un paesaggio nuovo.

L’obiettivo è recuperare la vista, dilatare lo sguardo, stravedere insieme, dare voce agli occhi.

Intendiamo la genesi dell’opera non come atto autarchico, realizzazione di un disegno concepito a priori, ma come disposizione a formulare la domanda viva e impellente che si impone fra gli elementi e le fonti a disposizione.

Nel momento della creazione scenica gli elementi che si offrono nello spazio vengono letti e disposti come parti del discorso in un processo ermeneutico condiviso, che porta a disvelare un livello sempre più articolato e complesso della domanda che sta all’origine della struttura del lavoro.

La parola scritta viene osservata come spazio, dove trovar posto. Tra gli occhi che la scrutano, il fiato che la spinge e la lingua che l’addomestica, si fa statura e corpo il poietès.

Il laboratorio si rivolge ad ogni fascia di età, interesse, esperienza, comunità di cittadini o soggetti fragili, professionisti della scena e non, performer e non.

La sua articolazione e declinazione si adatta al tipo di destinatari, spazi e tempi, da concordare con la struttura ospitante.

Può svolgersi in spazi formali e non, al chiuso o all’aperto.

La durata può condensarsi in una formula intensiva di due o più giorni, o declinarsi in più appuntamenti lungo l’arco di un periodo più lungo.

In accordo con lo spazio ospitante e in sintonia con la sua programmazione, è possibile prevedere o meno un esito aperto al pubblico.

INFO

In due appuntamenti distinti e indipendenti, incontreremo un massimo di 16 partecipanti.
Aperto a chi abbia esperienza anche minima di scena, resistenza fisica e attitudine al movimento.
Non importano l’età, la lingua, la provenienza geografica.


I sessione/ 60 euro
– 23 e 24 aprile, dalle 10:00 alle 17:00


II sessione/ 60 euro
– 28 e 29 maggio, dalle 10:00 alle 17:00

Dove:
La Serra – art & theater nursery
Napoli, vicoletto II Santa Maria ad Agnone


Per iscriversi:
inviare una email a info@teatringestazione.com
Oggetto email: animali lab – sessione (specificare se prima o seconda) – nome e cognome.
Corpo email: breve nota biografica, accompagnata dai dati anagrafici e di contatto.
info@teatringestazione.com
+39 320 0304861

Ad Occhi Aperti

Ad Occhi Aperti – α/ω dream 

«Noi sappiamo che sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto quest’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima, fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa che nessuno vedrà mai, o forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà.»

Michelangelo Antonioni

Ad occhi aperti – #sogno A/Ω è un progetto di ricerca che combina cinema e performance: un’operazione cinepoietica partecipata, site-human-specific, che coinvolge le comunità di abitanti di una determinata area urbana, o di un più vasto territorio, nella elaborazione di una performance di live streaming cinema, di lunga durata, e condivide con il pubblico il processo di significazione.

La struttura della performance è specifica ed esclusiva per ogni luogo protagonista della tappa del progetto.

La performance finale si compone di uno o più episodi, disposti lungo una giornata, innestati nello scorrere abituale della vita di un determinato luogo. Lo spazio quotidiano diventa naturale set cinematografico, dove si combinano la dimensione reale e la finzione.

Le riprese si sviluppano lungo un’area definita, all’aperto, e in alcuni interni laddove reso possibile dalla partecipazione dagli abitanti del territorio.

I singoli episodi si presentano come brevi percorsi a piedi che il pubblico segue con un ritmo regolato dall’andamento del piano sequenza. Gli spettatori, camminanti, seguono lo sviluppo del film dal vivo e allo stesso tempo guardano la sua resa cinematografica sugli schermi dei loro dispositivi mobili, grazie allo streaming simultaneo.

Scene riprese dal vivo e scene registrate si compongono in un montaggio istantaneo, restituendo sui dispositivi mobili il film.

Il rapporto tra l’individuo e il paesaggio, naturale, urbano o umano che sia, determina il tema visivo di ogni #sogno. Le storie locali e le memorie personali degli abitanti, nutrono la scrittura di una sceneggiatura site-specific, da mettere in atto con la comunità. L’architettura umana e quella paesaggistica si fondono in una composizione discontinua, ispirata all’innovazione formale introdotta nel cinema da Michelangelo Antonioni, alla cui poetica il progetto si ispira.

L’impianto narrativo si sviluppa secondo quel “neorealismo interiore”, attribuito dai critici francesi alle prime opere di Antonioni. Non una sequenza di avvenimenti, ma uno sguardo che indugia sui silenzi e sull’assenza, sulle conseguenze personali e sugli effetti sociali di un intreccio di esistenze.

La trama emerge come sintomo di accadimenti evocati, collocati in un tempo indefinito, ispirati ad eventi realmente accaduti in seno alla comunità e legati alla memoria storica del luogo, ma decontestualizzati e rielaborati in un soggetto di fantasia. Il particolare e l’universale si combinano nell’alternanza tra profondità di campo e soggettive, in un unico piano sequenza, ad occhi aperti.

Chorea Vacui

Chorea Vacui

L’essenza propria del visibile è di avere un doppio di invisibile in senso stretto, che il visibile manifesta sotto forma di una certa assenza.

Dobbiamo prendere alla lettera quello che ci insegna la visione: che per suo mezzo tocchiamo il sole, le stelle, che siamo contemporaneamente ovunque, accanto alle cose lontane come a quelle vicine, e che perfino la nostra facoltà di immaginarci altrove, di mirare liberamente a esseri reali ovunque essi si trovino, attinge anch’essa alla visione, riutilizza mezzi che ci vengono da essa.

Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito

L’occhio privato di ogni riferimento nello spazio scenico, di fronte alla vertigine del vuoto, affonda nella propria orbita, la vista si ritrae e l’immagine evocata appare.
Lo spettatore è chiamato a prendere parte al processo di costruzione del visibile: un guardare capace di non separare; una frattura nel nostro modo di vedere che sovverte la gerarchia fra soggetto e oggetto facendoci riconoscere corpi fra i corpi, parte “guardante” della materia guardata.

NA-Creature

Na-Creature

Long Play Track

ideazione e cura
Teatringestazione

regia
Gesualdi | Trono

dramaturg
Loretta Mesiti

ambienti sonori e musiche dal vivo
Alessandro Pezzella

regia video
Antonio Arte

assistente alla regia
Giovanni Passariello

photo ©Fondazione Feltrinelli

co-produzione
Fondazione Feltrinelli e Teatringestazione
nell’ambito del progetto Atlante degli immaginari

I nostri bambini partecipano alle lotte dei grandi così come partecipano di fatto alle condizioni dipendenti dalla loro emarginazione. Se possibile, vi partecipano e vi parteciperanno, speriamo, con maggiore coscienza e chiarezza della generazione che li precede. 

La mensa dei bambini proletari – Ombre Rosse – Nuova Serie – n 6 – 1974

Siamo nello sguardo di Dioniso bambino di fronte allo specchio, un attimo prima che i Titani sopraggiungano a sbranarlo. Dove ha luogo la seduzione dell’immagine riflessa. Il dio bambino scorge il suo corpo indistinguibilmente confuso con quanto lo circonda; preda della pulsione vorace, rivelatrice, abbagliante che muove il divenire. 

Cemento e lamiere impastati con cristalli liquidi e panni stesi al “sole mio” seccano la fantasia dei ragazzi di strada, che vivono nelle pieghe asfittiche di una società insufficiente. Si insegue una vita immaginaria, produzione seriale di uno stato di privazione, vuoto da colmare, vita cava, come la Napoli greca. L’immaginario dei ragazzi è inquinato da una sovrabbondanza di immagini di successo, legate all’ostentazione del superfluo, composte in una falsa narrazione, in cui chi non lavora vince, oppure ottiene ciò che vuole con la forza. La percezione di un pericolo incombente porta ad accettare un permanente stato di emergenza: educativa, abitativa, lavorativa, criminale, in virtù del quale si abdica alle proprie libertà piegandosi ad una vita condizionata. Nessuno può dirsi innocente.
La povertà educativa è una precisa strategia politica. Non riguarda soltanto l’insufficienza della scuola, ma l’indifferenza di un intero paese.
Di povertà educativa è morto Ugo Russo, a soli 15 anni: la scuola, impotente, che si abbandona appena si può, un’adolescenza tra lavoretti mal pagati e umilianti, un tentativo di rapina finito in tragedia. 


NA Creature è dedicato ad Ugo, ai ragazzi di Napoli e di tutte le periferie culturali.
Ci uniamo alla voce del Comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo e dei suoi familiari, per rivendicare la verità sull’omicidio, e far emergere dopo un anno e mezzo di attesa se gli sia stata applicata una pena di morte senza processo.

ideazione e cura
Teatringestazione

regia
Gesualdi | Trono

dramaturg
Loretta Mesiti

ambienti sonori e musiche dal vivo
Alessandro Pezzella

regia video
Antonio Arte

assistente alla regia
Giovanni Passariello

photo ©Fondazione GianGiacomo Feltrinelli

co-produzione
Fondazione Feltrinelli e Teatringestazione
nell’ambito del progetto Atlante degli immaginari

Atlante degli Immaginari è un progetto di innovazione culturale tra i territori italiani promosso da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, in ascolto dei fermenti creativi più innovativi. Un viaggio che nasce dall’incontro tra le sensibilità artistiche, le urgenze locali e un network di comunità tra le città di Milano Genova, Napoli, Taranto. UN percorso di co-progettazione – con il sostegno di Fondazione Cariplo – che culmina nella messa in scena in anteprima nazionale al festival Welcome to Socotra 2021.

Si ringraziano per il fertile dialogo:

Comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo; Bianca Verde (DAMM e Lo sgarrupato); Giuseppe Carini (Mensa dei Bambini Proletari) con Roberto (Cyop&Kaf); Giovanni Laino (Fondatore di AQS – Associazione Quartieri Spagnoli), con Alessandro Pezzella (Educatore – AQS), insieme a Giovanni; Valeria Anatrella (Cooperativa il Grillo Parlante) con Gaetano (Educatore di prossimità – Centro Altra Casa), insieme ai ragazzi Marika, Luca, Anna; Nicola Laieta con Giuseppe di Somma (Maestri di Strada – Associazione Trerrote)

magnetometro


	

Bar-abbâ

________ Bar-abbâ

Attività teatrale 2021/2022 – Casa Circondariale di Poggioreale-Napoli

Un progetto di Teatringestazione
a cura di Gesualdi | Trono

Con il sostegno dei fondi otto per mille della Chiesa Valdese

Ideato nel 2019, rimasto in sospeso a causa della pandemia, prende finalmente vita nel 2021 Bar- Abba, un progetto sperimentale che riunisce un gruppo scelto di detenuti ai propri figli adolescenti, in un percorso di laboratorio teatrale all’interno della Casa Circondariale di Poggioreale-Napoli.

Il progetto si ispira alla Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti, che riconosce formalmente il diritto di questi minorenni alla continuità del proprio legame affettivo con il proprio genitore detenuto e, al contempo, ribadisce il diritto alla genitorialità dei detenuti.


In aramaico “Bar” vuol dire figlio e “Abbas” vuol dire padre. Barabba, figura biblica criminale e spesso criminalizzata, era dunque “figlio di un padre” – qualunque, aggiungiamo noi, ovvero sottratto alla relazione, restando dunque figura indefinita. Una condizione che potenzialmente può essere vissuta da tutti, ma che in carcere è subita dai figli prima e dai padri poi.

Non si è figli se non accanto ai padri. L’assunto può sembrare banale, ma non quando padri e figli sono separati per forza maggiore. In questi casi infatti si può perdere per sempre l’occasione di essere sia figli che padri, con tutte le conseguenze del caso, la cui ricaduta non è soltanto singolare, riferibile ai soggetti direttamente coinvolti, bensì sociale, ripercuotendosi sull’intero sistema di relazioni sociali che regolano la vita di una comunità.

Il riferimento che fa il titolo del progetto ad una figura controversa, spesso confusa, demonizzata, rimasta indefinita, brigante, rivoltoso, o Cristo stesso, vuole essere d’ispirazione ad una percorso che attraversa il tema della genitorialità in carcere e le sue declinazioni (identità, autorità, eredità, relazione, autonomia, educazione, trasmissione, autodeterminazione, responsabilità sociale), parte della più ampia riflessione sulla dignità.
La condivisione dal vivo dell’attività, e da remoto dei suoi compiti preparatori, produce una tensione costante che modifica la percezione della condizione di separazione.
Il percorso teatrale di creazione offre strumenti linguistici nuovi, nutre l’immaginario, dando luogo ad un campo di incontro inedito.

Il percorso prevede aperture pubbliche intercorso, volte alla messa in condivisione dell’esperienza attraverso diversi esiti e formati.

Su queste pagine sarà possibile seguire il tracciato del percorso, gli sviluppi del progetto, le aperture pubbliche e le possibilità di coinvolgimento nelle sue fasi partecipative.


Con il sostegno dei fondi otto per mille della Chiesa Valdese

Misantropie

MISANTROPIE

Da Molière ai bestiari medievali, sotto la guida de Il riso di H. Bergson.

Mi prende l’umor nero e un profondo dolore quando vedo la gente comportarsi in tal modo. Io riscontro dovunque solo vili lusinghe, ingiustizia, interesse, scaltrezza, tradimento; non posso contenermi, mi adiro, e mi propongo di mandare all’inferno tutto il genere umano.

Il Misantropo – Molière

Cura della visione
Gesualdi | Trono

In scena
I Detenuti della Casa Circondariale di Poggioreale

Costumi
Federica Terracina

Produzione
Napoli Teatro Festival e TeatrInGestAzione
In collaborazione con la
Casa Circondariale Napoli Poggioreale

i bozzetti di Federica Terracina

Misantropie nasce come esito del laboratorio di creazione scenica rivolto ai detenuti della Casa Circondariale di Napoli Poggioreale.
Uno spettacolo che prende vita da una pratica che passa da corpo a corpo.

Il carcere rappresenta e ci rappresenta come sintesi della società viziata e deformata che viviamo. Luogo ai margini dell’esistenza, da consultare all’occorrenza come bestiario contemporaneo.

Qui, il nostro misantropo è l’uomo tra le bestie. In gabbia, accerchiato da pavoni, iene, camaleonti e altri animali, si dibatte tra istinto e morale mentre sprofonda nell’intestino di Célimène. Ma la bestia di cui parliamo non è riconducibile ad un soggetto, non ha nome e cognome, ma è massa, è atteggiamento, è resa.

Non una riscrittura del Misantropo ma un osservatorio sulla disumanizzazione, un decalogo sul divenire della bestia, una mappa per la discesa agli inferi, e su come l’uomo in fondo sia ridicolo nell’affermare la propria superiorità.

In mezzo mar siede un paese guasto

In mezzo mar siede un paese guasto

Esito e laboratorio con gli anziani ospiti della casa protetta San Giovanni Bosco (MO), in occasione di Trasparenze Festival 2019 Modena.


cura e conduzione Gesualdi|Trono
foto Vicky Solli

L’invito del Teatro dei Venti arriva puntuale, durante un percorso di ricerca dedicato negli ultimi tempi alla scomparsa, alla disillusione, alla cancellazione di ogni traccia d’uomo, fino all’estinzione.
Queste le domande che ci porremo durante il prezioso incontro con chi ha nel corpo segnato, messo in evidenza, il passaggio al mai. Non lo faremo abitando la dimensione intima e soggettiva, bensì quella politica: il corpo politico in estinzione; il processo di corruzione del corpo morto, come metafora di una civiltà guasta.
E’ nel passaggio al non più che la nostra presenza si fa inevitabilmente politica, quando il corpo non è più legato ad un’identità, ma si fa oggetto, scarto, rifiuto da prendere in carico. Qualcuno dovrà occuparsi della nostra carcassa, il cui peso sarà direttamente proporzionale alla memoria che porta con sé. Non è poi proprio questo divenire “rifiuto” un atto sovversivo?

Ci accompagnano in questa riflessione i versi de “la terra desolata” di T. S. Eliot. Una “città irreale”, un “paese guasto” (come lo chiama il poeta Caproni), che Eliot canta attraverso la profetica voce di Tiresia:

You who were with me in the ships at Mylae!
That corpse you planted last year in your garden,
Has it begun to sprout? Will it bloom this year?

Tu che eri con me sulle navi a Mylae!
Quel cadavere che l’anno scorso hai piantato nel tuo giardino,

Ha cominciato a germogliare? Fiorira quest’anno?

Stream~ Meditazioni

Stream~ Meditazioni

Inizialmente pensato come un convegno, Stream è un formato artistico intermediale che mette in rassegna flussi di pensiero; soliloqui condensati in uno spazio acustico e ipnotico. La composizione diacronica, si declina in meditazioni a tema, coinvolgendo voci autorevoli e sensibili, interpellate ad un dialogo in differita digitale.

Avevamo necessità di creare uno spazio dove accogliere l’autenticità del pensiero nel suo manifestarsi tra le labbra, mentre ancora le parole sono allevate nella bocca prima di arrotondarsi nel suono. Il suo metodo compositivo è ideato per scongiurare il carattere illustrativo tipico del formato convegno, che di solito raccoglie gli interventi degli esperti in una forma precostituita, che esclude l’uditore dallo spazio della riflessione.

Scelto un tema e individuati i relatori esperti della materia, si condividono materiali e spunti in uno scambio unico e singolare, durante una conversazione privata. Segue la registrazione, in un unico respiro, di un soliloquio a tema, non editato. Le parole sono trasferite ad un musicista e compositore che le mette in dialogo con il suono. Parole e musica sono poi depositate in uno spazio digitale, definito da un unico colore elaborato in impercettibili variazioni. L’operazione si compone di cicli a tema raccolti su queste pagine. 

Un’operazione di
TeatrInGestAzione

Direzione
Gesualdi | Trono

Dramaturg
Loretta Mesiti

Primo ciclo ~ Abitare Futuro

Maggio 2020, in occasione di Maggio dei Monumenti, manifestazione a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli

3 meditazioni in 3 appuntamenti con Dario Gentili (filosofo, insegna Filosofia Morale all’Università Roma Tre), Isabella Bordoni (poetessa, artista e curatrice indipendente), Pietro Gaglianò (critico d’arte e curatore indipendente), Renato Grieco (compositore e musicista).

Il discorso si fa materia sonora, fluisce di stanza in stanza, disegna l’habitat poetico che accoglie lo spettatore. Le voci interpellate sul tema dell’abitare-futuro si offrono in soliloquio, aprendoci al sorgere del pensiero. L’odierno stato di eccezione si impone come punto di partenza e segna una cesura non soltanto nel tempo, ma nel modo di fabbricare ogni possibile rappresentazione del domani e del visibile. Il corpo, la lingua, la selva sono le figure che ci indicano la soglia dove la domanda è in trasfigurazione e si fa radura, casa, invito.

PER ORIENTARSI bisogna mettersi in ascolto, indossare le cuffie, passare alla modalità schermo intero, guardare, affondare nel colore e lasciar lavorare “un artefice interno che forma la materia e la figura da dentro, come da dentro del seme o radice manda ed esplica il stipe, da dentro il stipe caccia i rami, da dentro i rami le formate brancie, da dentro queste ispiega le gemme, da dentro forma, figura, intesse, come di nervi, le fronde, gli fiori, gli frutti” (G.Bruno, De la causa, principio et uno).

Testi e voci
Isabella Bordoni
Pietro Gaglianò
Dario Gentili

Drammaturgia sonora
Renato Grieco

*Traccia Isabella Bordoni
Piano
Andrea Laudante / Jacopo D’Amico

Traduzione dall’italiano
Giovanna Lo Conte

Isabella Boridoni è autrice e artista, curatrice indipendente. Inizia il proprio percorso artistico nella seconda metà degli anni ’80 all’interno della scena nord europea delle arti sceniche e elettroniche. Conclusa l’esperienza in seno a Giardini Pensili che ha fondato nel 1985 e co-diretto fino al 2000, con IB_Progetto per le Arti ha dato vita a una piattaforma collaborativa internazionale, nella relazione tra arte, luoghi, archivi della contemporaneità. Attenta alle poetiche dei luoghi e alla reciproca influenza tra l’organizzazione dello spazio naturale, urbanistico e abitativo, e il gesto dell’arte, ha fatto di questi orizzonti materia d’indagine con progetti artistici, cura, docenza. Interessata al “documento” come dispositivo di costruzione e decostruzione narrativa, la sua pratica comprende performance, installazioni, radio. Coinvolta nella sfera dell’arte pubblica e relazionale con progetti ad ampio raggio, introduce i termini poetry.scapes e cittadinanza poetica per descrivere l’ambito processuale che questi mettono in atto. È direttrice artistica di Associazione IMAGONIRMIA di Elena Mantoni e del premio «spostamento variabile» art residency and publishing project.

Renato Grieco è un compositore e musicista attivo maggiormente nel campo della musique concrète e della radio-arte. Dal 2013 si è esibito in Italia, Regno Unito, Francia, Svizzera, Russia, Germania, Norvegia, Danimarca, Polonia, Slovenia, Turchia, Malta, Grecia sia con il suo progetto solista (con lo pseudonimo kNN) che in numerose collaborazioni in veste di performer, interprete o drammaturgo del suono per la danza. È co-curatore del festival La Digestion – musica ascoltata raramente.

Pietro Gaglianò è critico d’arte e curatore. Dopo la laurea in architettura ha approfondito il rapporto tra l’estetica del potere e le contronarrazioni agite dall’arte, prediligendo il contesto urbano e sociale come scena dei linguaggi contemporanei, con una particolare attenzione per i sistemi teorici della performance. Nei suoi progetti è centrale la sperimentazione di formati ibridi tra arte e scienze sociali per coltivare la percezione politica dello spazio pubblico e della comunità. Insegna in istituzioni italiane e statunitensi. Tra le pubblicazioni La sintassi della libertà (Gli Ori, 2020) e Memento. L’ossessione del visibile (Postmedia Books, 2016).

Renato Grieco è un compositore e musicista attivo maggiormente nel campo della musique concrète e della radio-arte. Dal 2013 si è esibito in Italia, Regno Unito, Francia, Svizzera, Russia, Germania, Norvegia, Danimarca, Polonia, Slovenia, Turchia, Malta, Grecia sia con il suo progetto solista (con lo pseudonimo kNN) che in numerose collaborazioni in veste di performer, interprete o drammaturgo del suono per la danza. È co-curatore del festival La Digestion – musica ascoltata raramente.

Dario Gentili insegna Filosofia morale presso l’Università di Roma Tre. Ha conseguito il dottorato di Ricerca in Etica e filosofia politico-giuridica presso l’Università di Salerno; ha svolto nel biennio 2009-2010 un post-dottorato in Filosofia e storia delle idee presso il Sum (Istituto Italiano di Scienze Umane); nel 2011-2012 ha avuto una borsa post-doc DAAD presso il Walter Benjamin Archiv di Berlino; nel 2013-2014 è stato assegnista di ricerca presso il Sum/Scuola Normale Superiore di Pisa; nel 2014 visiting researcher presso la Heinrich-Heine-Universität-Düsseldorf. Si occupa di pensiero italiano contemporaneo, analisi dei dispositivi spaziali nel pensiero politico, giuridico e architettonico occidentale, concezione della crisi in ambito politico ed economico. È autore di saggi e articoli pubblicati in diverse lingue. Ha scritto le seguenti monografie: Il tempo della storia. Le tesi “sul concetto di storia” di Walter Benjamin (2002); Topografie politiche. Spazio urbano, cittadinanza, confini in Walter Benjamin e Jacques Derrida (2009); Italian Theory. Dall’operaismo alla biopolitica (2012); Crisi come arte di governo, Quodlibet, Macerata 2018.

Renato Grieco è un compositore e musicista attivo maggiormente nel campo della musique concrète e della radio-arte. Dal 2013 si è esibito in Italia, Regno Unito, Francia, Svizzera, Russia, Germania, Norvegia, Danimarca, Polonia, Slovenia, Turchia, Malta, Grecia sia con il suo progetto solista (con lo pseudonimo kNN) che in numerose collaborazioni in veste di performer, interprete o drammaturgo del suono per la danza. È co-curatore del festival La Digestion – musica ascoltata raramente.

Lo Spazio a Dismisura d’Uomo

Lo Spazio a Dismisura d’Uomo

ideazione, cura e conduzione
Gesualdi | Trono

sound landscape
Maurizio Maria Galvani

Dispositivo performatico di insubordinazione poetica dello spazio, per dare voce ad un paesaggio umano smisurato; a partire da una struttura testuale che imposta uno spazio ideale di composizione, attingendo agli sguardi personali sui luoghi che abitiamo e vorremmo trasformare.

L’impulso a combattere per il proprio spazio, ci priva, paradossalmente, proprio dello spazio vitale più prezioso, quello dell’immaginazione, fonte di entusiasmo, gioia ed energia, indispensabile per edificare una realtà che assomigli a quella che desideriamo.

Invocata “al potere” dai surrealisti, l’immaginazione si traduce in uno spazio “a dismisura d’uomo”, dove convivono libertà politica, libertà poetica, libertà di sognare senza pudore e di credere all’assoluta condivisibilità e praticabilità del proprio sogno.

Vi invitiamo a creare ed abitare poeticamente con noi questo spazio a compiere un atto di ammutinamento della realtà. Ci muoviamo lenti lungo una parabola che tratteggia il nostro incedere verso il luogo della meraviglia, uno spazio sterminato che prende corpo in un collettivo In-Canto.

ISTRUZIONI

Il laboratorio si rivolge ad un gruppo di cittadini che formano il corpo di mantenimento dell’installazione partecipata, e che facilitano la partecipazione dei passanti.

Sul pavimento è tratteggiata un’ampia e lunga parabola alla cui estremità c’è un microfono aperto. Una traccia audio è consegnata ai partecipanti prima di entrare nella fila.

Insieme ci prepariamo ad abitare l’installazione partecipata, con un laboratorio, seguito dall’apertura del dispositivo ai passanti.

Al pubblico è indicato un punto di raccolta, dove si consegnano le istruzioni per abitare la parabola e attingere agli spunti testuali che, una volta raggiunto il microfono, potranno essere continuati, frammentati, interrotti, vocalizzati, iniziati e mai finiti, reinventati.

Per un’esperienza immersiva si consiglia di portare con sé auricolari e telefono cellulare.

Foglio di Sala