ALTOFEST IT 2016

DARE LUOGO ad una riqualicazione Umana / Urbana

Altofest si configura come luogo d’inizio, fatto di passi incerti e attese sugli usci delle case. A Napoli, perché ogni istante vissuto in questa città è come la prima volta, il primo suono, la prima luce. Ci interessa l’innamoramento, e non il rinnovamento. Qui è possibile perché nulla è comesembra, qui non si conosce “sembra”. Qui si accade.

Qui capita di camminare per strada e vedere le donne che fuori dal proprio “basso” troneggiano in vestaglia, conquistando un fazzoletto di suolo pubblico, manifestando la propria identità, che si diluisce in quella del dirimpettaio, definendo un luogo che rende i due abitanti contemporaneamente a casa e fuori casa. In questo modo Napoli sposta il confine tra pubblico e privato non più avanti o più dietro, ma nell’atto di abitare, esso non è confine fisico bensì confine abitativo.

Ciò che facciamo con Altofest è creare un luogo di promiscuità in cui ognuno accoglie il rischio di esporsi all’altro. Il privato non è più proprio, ma intimità condivisa. L’espropriazione, il dislocamento che spesso sono vissuti come traumi, nel caso di Altofest sono come il temporale che blocca sconosciuti inaspettatamente sotto la stessa tettoia o nello stesso androne a cercar riparo. Amiamo dire che il festival è una trappola nella quale si sceglie di capitare, essa lo è per l’artista che sceglie di portare i propri materiali fuori dallo spazio formale e lo è per il donatore che decide di lasciare che un’opera abiti il suo spazio intimo, lo è per il pubblico che riconosce il luogo privato come un luogo altro, uno spazio di scrittura. La casa del donatore diventa foglio bianco nel momento stesso in cui l’artista varca la soglia. Totalmente e reciprocamente esposti, abitanti dello stesso luogo, artisti e cittadini non hanno più scuse per mancare l’incontro.

Altofest innesca dispositivi generativi di relazione, pensiero e conoscenza, miscela la dimensione intima e quella pubblica, predispone uno spazio di promiscuità tra artisti e cittadini, tendendo al superamento dei ruoli, a favore di una partecipazione corale, di un’esperienza totale che genera “relazioni inedite”.

Altofest tende quindi ad emanciparsi progressivamente dalla funzione di mera “produzione” e/o “programmazione” di spettacoli ed opere artistiche, abitualmente attribuita ai festival, per prefigurarsi come uno spazio di socialità sperimentale. La città diventa in questo modo dimora per pratiche d’arte innovative e condivise, per artisti vivi e cittadini audaci.

foto Vicky Solli, disegni Ilaria Garzillo e i contributi dei nostri spettatori